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La disabilità sensoriale a differenza di ciò che si può pensare, non rende l’individuo davvero così inabile.
Tuttavia, purtroppo, nel nostro Paese un individuo sordo è spesso considerato come un disabile incapace di vivere una vita normale, pochi conoscono la storia dei sordi, la loro cultura e le relative potenzialità intellettive, cognitive e professionali. E’ come se la nostra società avesse ghettizzato tali individui, quasi costringendoli a comunicare solo fra di loro ed impedendogli una reale integrazione nel mondo. Ovviamente non si può negare che l’udito svolga molti ruoli importanti nella vita di tutti i giorni: anche se non possiamo vedere un oggetto, possiamo rilevarne la presenza attraverso il suono prodotto, identificarne la fonte e determinarne la localizzazione. Inoltre poiché gli uomini sono in grado sia di riprodurre che di percepire una grande varietà di suoni, il linguaggio parlato e la sua ricezione attraverso il sistema uditivo è un mezzo di comunicazione estremamente importante e di conseguenza. l’esistenza di un deficit sensoriale priva l‘individuo di una fonte di informazione che, normalmente, gli permetterebbe di scoprire il mondo e quindi interiorizzarlo nel suo psichismo, creando non pochi disagi psicologici. In ogni caso, va considerato che gli effetti psicologici della sordità sono determinati da fattori personali e sociali ed esistono dunque, differenze in relazione all’ età d insorgenza, alla gravità della perdita uditiva, alla classe sociale d’appartenenza o alla professione svolta.Nel caso, ad esempio, di una sordità insorta in un’età più tardiva, si può sviluppare un importante vissuto depressivo, seguito da una lunga fase di elaborazione del lutto per la grave perdita subita. Mentre i bambini nati sordi, o che hanno perso l’udito nella fase preverbale, in media presentano un ritardo da 2 a 5 anni nelle loro acquisizioni rispetto ai bambini udenti, poiché lo sviluppo linguistico rappresenta l’ostacolo forse più grande, soprattutto se il deficit è precoce, impedendo quindi al piccolo di imparare a parlare. Inoltre, a meno che i genitori non conoscano già la lingua dei segni, serve loro diverso tempo per impararla e riuscire così ad insegnarla al figlio.
Chi non soffre di disturbi uditivi difficilmente può immaginare cosa sia realmente “il mondo del silenzio” e può credere che sia facile imparare a parlare. Ma non è affatto così semplice. I bambini apprendono il linguaggio mediante un processo di imitazione: riproducono i suoni sentiti e gli attribuiscono man mano un significato. Il bambino sordo, invece, deve confrontarsi con anni di sacrifici al fine di apprendere il linguaggio parlato e scritto, ed è in questa fase di sviluppo che egli accresce la necessità di utilizzare i gesti per potersi relazionare con il prossimo.
Da qui si deduce l’importanza della LIS, un linguaggio da utilizzare non solo fra sordi, bensì un modo, quasi esclusivo, che consente una vera integrazione col mondo degli udenti.
Inoltre, come per lo sviluppo cognitivo, la profondità della sordità condiziona anche la sfera relazionale: questo perché difficilmente l’ambiente e gli abituali canali comunicativi si adattano al bambino sordo, causando un senso di esclusione, una percezione del corpo come imperfetto e difficoltà nel relazionarsi con i coetanei.
La scrittrice sordo – cieca Helen Keller, affermava “La cecità allontana le persone dalle cose; la sordità allontana le persone dalle persone.”
Ed è effettivamente quello che accade, perché la difficoltà comunicativa tra persone sorde e non, spesso causa equivoci linguistici, fraintendimenti e difficoltà nella comprensione delle dinamiche relazionali. Questo avviene in quanto le difficoltà di comunicazione e relazione con una persona sorda sono spesso il frutto di una serie di pregiudizi inerenti la sordità ancora molto diffusi.
- Si pensa, ad esempio, che i sordi siano anche muti, come dimostra l’utilizzo frequente del termine sordo-muto, sebbene quest’ultimo sia stato sostituito con quello di sordo nel 2006, in quanto l’apparato vocale dei sordi è integro e il bambino sordo, può imparare, nel corso della logopedia, a regolare l’emissione dei suoni.
- Un altro pregiudizio riguarda il ritenere la possibilità della presenza di un ritardo mentale complessivo nella persona sorda, quando invece, il suo deficit è prettamente sensoriale e non cognitivo.
- Inoltre le persone udenti spesso fraintendono alcuni atteggiamenti dell'individuo sordo, poiché quest’ultimo, a causa della difficoltà nel servirsi del linguaggio verbale, ricorre al linguaggio del corpo, un linguaggio ‘di azione’ creando possibili malintesi.
Bisognerebbe tener a mente che l’impossibilità nell’ instaurare con gli altri una relazione significativa non è causata dalla sordità in se per sé, ma dalle barriere che impediscono la comunicazione. Sono la famiglia, la scuola, le istituzioni, che dovrebbero trovare un modo per adattarsi alle esigenze del bambino sordo e accoglierlo in un ambiente che consenta una crescita adeguata delle sue potenzialità.
Ma purtroppo la società moderna aggrava questa condizione diventando sorda a sua volta difronte alle concrete esigenze comunicative dei propri membri sordi, causandodisagi enormi nella vita di tutti i giorni di tali individui, perché negli uffici pubblici, ambulatori, ospedali, sui trasporti, al lavoro, musei, cinema, etc. non vi è accesso all’ informazione.
Ecco quindi il motivo per cui è necessario attivarsi e cercare di offrire alla persona sorda una migliore qualità di vita, attraverso adeguati servizi di telecomunicazione, di informazione, di istruzione e di lavoro, perché un deficit fisico si trasforma in Handicap solo se la società non è sufficientemente in grado di attuare tutti gli accorgimenti (spesso molto semplici) necessari per mettere le persone con disabilità in concrete condizioni di pari opportunità.
Dott.ssa Judy Esposito
Riferimenti Bibliografici
- Simonetta Marana, Una scuola oltre le parole. Educare il bambino sordo alla lingua parlata e scritta, FrancoAngeli, 2003.
-Chiara Branchini , Anna Cardinaletti, La lingua dei segni nelle disabilità comunicative, FrancoAngeli, 2016
-Maria Cristina Caselli, Simonetta Maragna, Virginia Volterra,Linguaggio e sordità, Il Mulino, 2006